
Career Story15/9/2025
Career Story - Emilio Defendi, PL e Allocation Manager
Da quanto tempo fai parte di adesso.it e di cosa ti occupi oggi?
Sono in azienda da 10 anni, sono entrato all'inizio di aprile del 2015. Oggi il mio ruolo è duplice. Da un lato, mi occupo di Allocation Management, un ruolo che definirei di "coordinatore". La mia missione è intercettare le richieste di competenze e persone che arrivano dai nostri business developer e dai project leader, per poi abbinarle ai migliori colleghi disponibili in azienda. È un ruolo che richiede una visione d'insieme, un po' come risolvere un puzzle complesso, bilanciando le esigenze di tutti per garantire l'efficacia dei team.
Dall'altro lato, continuo a svolgere il ruolo di Project Leader. Ormai, dopo vent’anni di esperienza nel project management, mi occupo di progetti che vanno dalla revisione all'ottimizzazione e digitalizzazione dei processi. Qui entra in gioco il Change Management, un aspetto fondamentale del mio lavoro. Non mi limito a implementare un nuovo strumento o un processo, ma mi concentro su come introdurlo, renderlo "digeribile" alle persone e spiegare il perché di certe scelte strategiche, aiutando l'azienda ad affrontare al meglio la transizione. È un processo che richiede un’analisi attenta degli impatti e una gestione oculata del passaggio da un modello di lavoro all’altro.
Com'è cambiata la tua carriera da quando sei entrato in azienda?
Quando sono entrato, ero un Project Manager "classico". La mia carriera si era sempre mossa tra ruoli da analista e project manager, fino a diventare responsabile dei project managers in una web factory. Entrare in adesso.it ha segnato un grande cambiamento. Sono approdato nel centro di competenza della Digital Consulting, dove ho acquisito nuove competenze non squisitamente tecniche. Mi sono appassionato al “lato umano” dei progetti digitali e a come sia possibile coinvolgere le persone nel co-progettare soluzioni. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi su un approccio più strategico e consulenziale. Non si tratta solo di "consegnare qualcosa", ma di capire dove il cliente vuole arrivare e quali obiettivi vuole raggiungere. L'implementazione di uno strumento è solo una parte del percorso. Quei primi anni sono stati molto formativi, perché ho imparato a gestire l'impatto delle trasformazioni digitali sulle persone e sulle culture aziendali, anche con attività di adozione su centinaia di persone.
Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo tipo di carriera?
Credo che alla base ci sia una mia innata curiosità. Mi piace esplorare cose nuove e non mi piace la staticità. I miei studi tecnici, pur non essendo strettamente informatici, mi hanno spinto verso il mondo digitale. La mia tesi universitaria si concentrava sulla digitalizzazione di un processo burocratico della Pubblica Amministrazione. Ho subito capito che il digitale permetteva di produrre qualcosa di concreto, sebbene intangibile, con un impatto profondo sul modo di lavorare / vivere delle persone. Da lì, ho intrapreso un master che mi ha introdotto a temi come il project management e le nuove tecnologie, che hanno dato il via al mio percorso professionale.
Quali sono le soft skill più importanti per il tuo duplice ruolo?
Ne vedo due che sono fondamentali. La prima è la capacità di avere una visione chiara del contesto, piuttosto che un'iperspecializzazione verticale. Devi essere in grado di dominare le informazioni che ti servono per gestire l’attività e raggiungere l’obiettivo. Questa capacità di vedere il quadro generale mi permette di muovermi con agilità sia nelle allocazioni, sia nella gestione dei progetti. È una competenza che ho maturato grazie alla grande quantità di progetti che ho gestito in questi vent’anni e che mi permette anche di valutare i possibili rischi. La seconda skill è quella di mediatore. In entrambi i ruoli, hai sempre a che fare con diverse parti in causa e devi bilanciare interessi ed esigenze. Non sei un "capo" che dà ordini, ma una figura che deve indirizzare scelte, negoziare e mostrare le diverse opzioni. Saper mediare, soprattutto con i clienti, è cruciale per guidarli verso la soluzione migliore. Spesso, non si tratta solo di erogare ciò che ti è stato chiesto, ma di stimolare il pensiero critico e suggerire nuove opportunità.
Cosa ti dà maggiore soddisfazione nel tuo lavoro?
La soddisfazione più grande arriva quando un progetto si conclude con un esito positivo e rende soddisfatte tutte le persone coinvolte. L'altra cosa che mi dà soddisfazione è riuscire a portare un cambiamento, un'innovazione. Mi piace provare sempre ad aggiungere un pezzo nuovo, a non dare mai niente per scontato. Portare dentro un'idea che può migliorare un processo o introdurre una nuova prospettiva è ciò che mi motiva.
Sei in azienda da 10 anni. Quali sono i motivi che ti hanno spinto a restare?
Credo che un elemento comune a molti di noi qui sia che l'azienda dà spazio. Nonostante le difficoltà, se hai la volontà di fare qualcosa e la proponi, c'è la possibilità di trovare la tua strada e di modificarla. In azienda c'è una propensione all'ascolto e la possibilità di cambiare attività, di provare a prendere in carico qualcosa di nuovo. Un'altra cosa che apprezzo molto è l'approccio basato sull'auto-responsabilizzazione, che è un cambio radicale rispetto a come si lavorava in passato. Quando ero un project manager "tradizionale", dovevi controllare tutto e fare i conti con orari di lavoro molto più intensi. Qui, invece, c'è una responsabilità più distribuita. Si lavora con un clima di fiducia e la libertà di espandersi nei propri confini.
Quali sono i vantaggi di far parte di un'azienda in continua evoluzione?
L'azienda è in continua crescita e in trasformazione. Eravamo circa 80 persone quando sono entrato, oggi siamo più del doppio, e l'ingresso in un gruppo internazionale apre nuove opportunità. La nostra azienda ha nel DNA l'idea di rivedersi e reinventarsi. Per me l'incertezza e la possibilità di cambiare sono un motore stimolante. Sono io stesso che cerco di cambiare quello che faccio. Questo ambiente dinamico, che accoglie e non frena il desiderio di esplorare nuove strade, è ciò che mi ha spinto a rimanere e a crescere professionalmente in questi anni.
Per concludere, hai parlato di come ti piace cambiare e non annoiarti. Questa curiosità si manifesta anche fuori dal lavoro?
Assolutamente. Una cosa che mi contraddistingue è la passione per l’esplorazione e i viaggi; le mie vacanze sono sempre movimentate. Quest’anno, ho raggiunto quota 78 nazioni visitate e da quest’estate sono diventato anche coordinatore di viaggio. Questo ruolo mi permette di esplorare nuovi posti e conoscere persone, gestendo le dinamiche di gruppo e assicurandomi che tutti si sentano inclusi. È un’attività molto simile a quella di Project Leader, ma applicata a un contesto diverso, dove hai sempre a che fare con la gestione delle aspettative, dei problemi e delle dinamiche sociali. Oltre ai viaggi e a diversi sport, un’altra mia grande passione è la cucina. Non seguo quasi mai le ricette, ma preferisco farmi ispirare e creare nuovi piatti ogni volta. Ho anche un piccolo orto, dove coltivo principalmente verdure che utilizzo per le mie creazioni culinarie.
